Dall’inizio della pandemia, si è molto parlato del disagio psicologico, di stress e ansia causati dalle preoccupazioni attuali o dalle restrizioni dovute al periodo, e delle risorse necessarie per affrontarle e per reagire con resilienza.
Secondo alcuni recenti studi riportati dal Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, il 44% della popolazione italiana presenta attualmente elevati livelli di stress (80-100 su 100), mentre circa l’82% dei genitori ha rilevato un disagio psicologico nei propri figli (“molto pesante” in un caso su 4). La metà degli intervistati ha segnalato un livello di stress soggettivo crescente.
Ecco, quindi, quali sono le differenze che intercorrono tra questi due concetti e come poterli combattere in maniera efficace quando, da occasionali, diventano cronici.
Cosa provoca STRESS e ANSIA?
Anche se si tratta di termini che le persone tendono a confondere e sovrapporre, stress e ansia possono avere cause e manifestazioni differenti. Vediamo cosa hanno in comune e per cosa invece di distinguono.
Quali sono le cause dello stress? Le cause dello stress possono essere facilmente identificabili da parte del soggetto, a differenza di quanto accade per l’ansia: le situazioni stressanti possono essere infatti ricondotte a un eccesso di lavoro, a conflitti personali o professionali, e ad impegni quotidiani che appesantiscono il carico mentale.
Le sensazioni che affliggono coloro che affrontano un periodo particolarmente stressante sono di frustrazione, stanchezza e di nervosismo strettamente collegati a eventi o situazioni specifiche: il nesso di causa-effetto è molto diretto e può essere identificato in maniera precisa anche dalla persona stessa. Lo stress è definito infatti come una risposta psicofisica dell’organismo a fronte di incarichi, compiti o richieste della vita quotidiana che vengono percepite come eccessive o talvolta soverchianti.
Lo stress può essere definito quindi come una preoccupazione fortemente ancorata ad una situazione contingente, causata da eventi esterni. Di conseguenza, quando la circostanza stressante nel presente viene meno, generalmente si riduce o scompare del tutto anche lo stress collegato.
Quali sono le cause dell’ansia? L’ansia, a differenza dello stress, può essere considerata come uno stato diffuso di inquietudine, apprensione o paura che permane anche quando non è presente una componente contingente: pertanto può non essere così immediato individuare in maniera autonoma le cause dell’ansia, e il perché ci sentiamo ansiosi. Questo insieme di emozioni negative può essere accompagnato da manifestazioni fisiche come sudorazione, tremori, fame d’aria, tachicardia e sensazioni disturbanti allo stomaco.
In linea generale si può affermare che l’ansia è spesso una risposta preventiva a determinate situazioni: la persona, infatti, prova apprensione per qualcosa di negativo che potrebbe accadere in futuro, ma che ancora non si è verificato (come ad esempio si sperimenta nell’ansia da prestazione o nell’ansia anticipatoria).
In questo senso la paura per ciò che deve ancora accadere è una componente frequentemente riscontrata in coloro che soffrono di ansia cronica. Talvolta, queste sensazioni possono sconfinare in un’altra condizione di disagio in cui si riscontra ansia generalizzata scatenata da fattori interni, e sono gli attacchi di panico.^
Quando stress e ansia possono fare preoccupare?
Lo stress e l’ansia sono due stati psicologici che, in condizioni ordinarie, possono essere gestiti dalla persona senza che diventino un grosso ostacolo al normale svolgimento della propria quotidianità. In particolare, bisogna tenere presente che l’eustress (ossia lo stress positivo) non può essere considerato nocivo in senso assoluto, ma come una “dose extra” di energia e di motivazione che spinge all’azione.
Allo stesso modo anche l’ansia, se presente a livelli accettabili, non può essere considerata del tutto negativa, dal momento che un leggero stato di apprensione prepara naturalmente il nostro organismo all’azione. Infatti, sia l’ansia sia lo stress, dal punto di vista biologico, comportano un aumento della produzione di adrenalina e della frequenza cardiaca: questa attivazione è utile, entro certi limiti, per reagire e risolvere i problemi, e per concentrarsi.
In particolare, se l’ansia non supera un certo livello, può addirittura essere un aiuto nel miglioramento delle performance, come ci mostra il diagramma della “curva a U rovesciata” dell’ansia (legge di Yerkes e Dodson): la prestazione è al suo picco quando il livello di attivazione/eccitazione è ottimale. Se viene superata una certa soglia però, il rendimento cala: si può perdere la concentrazione fino ad andare in tilt o essere sopraffatti da questo eccesso di attivazione, compromettendo così la resa, nelle azioni che compiamo o nelle piccole o grandi sfide della vita. (Proviamo a pensare, per esempio, a quando dobbiamo sostenere un esame o una competizione sportiva ma siamo troppo agitati: non riusciamo a dare il nostro meglio, commettiamo errori o non ci “vengono le parole”).
Anche per quanto riguarda lo stress, non è tutto negativo: una ricerca del 2013 della Standford University ha rilevato come un’elevata sensazione di stress era riscontrabile in persone che sentivano di vivere una vita significativa – ovvero coloro che avevano la percezione di perseguire degli scopi, di avere degli obiettivi importanti nella vita, dei progetti sfidanti, in ambito familiare o lavorativo. Non a caso, chi è nell’età della pensione è molto più a rischio di incorrere in depressione, rispetto al periodo di attività lavorativa. In sostanza: se qualcosa ci stressa molto e ci fa molto agitare, significa anche che è molto importante per noi.
Quando questi stati, che dovrebbero essere momentanei e transitori, diventano cronici, è opportuno rivolgersi a chi può offrire un supporto qualificato.