Un aiuto professionale per affrontare i momenti di crisi, ricercare crescita personale, superare difficoltà relazionali, migliorare l’autostima, imparare a gestire l’ansia, rielaborare traumi.
Considero l’aggiornamento e la formazione continua degli strumenti indispensabili per la professione di Psicoterapeuta, e per offrire alle persone che incontro un servizio di qualità e centrato sui bisogni della persona.
Un aiuto professionale per affrontare i momenti di crisi, ricercare crescita personale, superare difficoltà relazionali, migliorare l’autostima, imparare a gestire l’ansia, rielaborare traumi.
Considero l’aggiornamento e la formazione continua degli strumenti indispensabili per la professione di Psicoterapeuta, e per offrire alle persone che incontro un servizio di qualità e centrato sui bisogni della persona.
L’attacco di panico si può definire come un’ondata di intensa paura, ansia o malessere che si manifesta all’improvviso ed è accompagnato
Dall’inizio della pandemia, si è molto parlato del disagio psicologico, di stress e ansia causati dalle preoccupazioni attuali o dalle restrizioni dovute al
Durante il primo o i primi incontri si stabilisce insieme qual è il tipo di intervento più indicato.
“Insieme” significa che il Cliente, con la sua storia e la sua conoscenza di sè, e il Professionista, con il suo bagaglio di esperienza e di competenze, dopo un colloquio iniziale si confrontano sulla decisione rispetto al percorso più opportuno da intraprendere.
Aree di Intervento Psicologico:
L’elenco non è esaustivo.
Può capitare inoltre di riconoscersi in una o più categorie, questo perché l’essere umano è un’entità complessa che può mostrare un buon funzionamento in alcune aree insieme a piccoli o grandi disagi in altri ambiti della sua vita.
Se la problematica che si desidera risolvere non è presente in questo elenco, sono disponibile per informazioni.
“As a therapist, I hold on the vision of your possible future even
when you are in so much pain you cannot see beyond today.
I wait patiently for the day
when you can see the beauty inside yourself
that i saw from the first day we met”.
Stress e ansia sono due stati psicologici che, spesso, vengono sovrapposti e confusi, credendo erroneamente che siano causati dai medesimi fattori, o che siano sinonimi.
Dall’inizio della pandemia, si è molto parlato del disagio psicologico, di stress e ansia causati dalle preoccupazioni attuali o dalle restrizioni dovute al periodo, e delle risorse necessarie per affrontarle e per reagire con resilienza.
Secondo alcuni recenti studi riportati dal Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, il 44% della popolazione italiana presenta attualmente elevati livelli di stress (80-100 su 100), mentre circa l’82% dei genitori ha rilevato un disagio psicologico nei propri figli (“molto pesante” in un caso su 4). La metà degli intervistati ha segnalato un livello di stress soggettivo crescente.
Ecco, quindi, quali sono le differenze che intercorrono tra questi due concetti e come poterli combattere in maniera efficace quando, da occasionali e funzionali, diventano cronici e invalidanti.
Cosa provoca STRESS e ANSIA?
Anche se si tratta di termini che le persone tendono a confondere e sovrapporre, stress e ansia possono avere cause e manifestazioni differenti. Vediamo cosa hanno in comune e per cosa invece di distinguono.
Le cause dello STRESS possono essere facilmente identificabili da parte del soggetto, a differenza di quanto accade per l’ansia: le situazioni stressanti possono essere infatti ricondotte a un eccesso di lavoro, a conflitti personali o professionali, e ad impegni quotidiani che appesantiscono il carico mentale.
Le sensazioni che affliggono coloro che affrontano un periodo particolarmente stressante sono di frustrazione, stanchezza e di nervosismo strettamente collegati a eventi o situazioni specifiche: il nesso di causa-effetto è molto diretto e può essere identificato in maniera precisa anche dalla persona stessa. Lo stress è definito infatti come una risposta psicofisica dell’organismo a fronte di incarichi, compiti o richieste della vita quotidiana che vengono percepite come eccessive o talvolta soverchianti.
Lo stress può essere definito quindi come una preoccupazione fortemente ancorata ad una situazione contingente, causata da eventi esterni. Di conseguenza, quando la circostanza stressante nel presente viene meno, generalmente si riduce o scompare del tutto anche lo stress collegato.
L’ANSIA, a differenza dello stress, può essere considerata come uno stato diffuso di inquietudine, apprensione o paura che permane anche quando non è presente una componente contingente: pertanto può non essere così immediato individuare in maniera autonoma le cause dell’ansia, e il perché ci sentiamo ansiosi. Questo insieme di emozioni negative può essere accompagnato da manifestazioni fisiche come sudorazione, tremori, fame d’aria, tachicardia, parestesie, vertigini, insonnia e sensazioni disturbanti del tratto gastrointestinale.
In linea generale si può affermare che l’ansia è spesso una risposta preventiva a determinate situazioni: la persona, infatti, prova apprensione per qualcosa di negativo che potrebbe accadere in futuro, ma che ancora non si è verificato (come ad esempio si sperimenta nell’ansia da prestazione o nell’ansia anticipatoria).
In questo senso la paura per ciò che deve ancora accadere è una componente frequentemente riscontrata in coloro che soffrono di ansia cronica. Talvolta, queste sensazioni possono sconfinare in un’altra condizione di disagio in cui si riscontra ansia generalizzata scatenata da fattori interni, e sono gli attacchi di panico.
Quando stress e ansia fanno preoccupare?
Lo stress e l’ansia sono due stati psicologici che, in condizioni ordinarie, possono essere gestiti dalla persona senza che diventino un grosso ostacolo al normale svolgimento della propria quotidianità. In particolare, bisogna tenere presente che l’eustress (ossia lo stress positivo) non può essere considerato nocivo in senso assoluto, ma come una “dose extra” di energia e di motivazione che spinge all’azione.
Allo stesso modo anche l’ANSIA, se presente a livelli accettabili e non paralizzanti, non può essere considerata del tutto negativa, dal momento che un leggero stato di apprensione prepara naturalmente il nostro organismo all’azione. Infatti, sia l’ansia sia lo stress, dal punto di vista biologico, comportano un aumento della produzione di adrenalina e della frequenza cardiaca: questa attivazione è utile, entro certi limiti, per reagire e risolvere i problemi, e per concentrarsi.
In particolare, se l’ansia non supera un certo livello, può addirittura essere un aiuto nel miglioramento delle performance, come ci mostra il diagramma della “curva a U rovesciata” dell’ansia (legge di Yerkes e Dodson): la prestazione è al suo picco quando il livello di attivazione/eccitazione è ottimale. Se viene superata una certa soglia però, il rendimento cala: si può perdere la concentrazione fino ad andare in tilt o essere sopraffatti da questo eccesso di attivazione, compromettendo così la resa, nelle azioni che compiamo o nelle piccole o grandi sfide della vita. (Proviamo a pensare, per esempio, a quando dobbiamo sostenere un esame o una competizione sportiva ma siamo troppo agitati: non riusciamo a dare il nostro meglio, commettiamo errori o non ci “vengono le parole”).
Anche per quanto riguarda lo STRESS, una ricerca del 2013 della Standford University ha rilevato come un’elevata sensazione di stress era riscontrabile in persone che sentivano di vivere una vita significativa – ovvero coloro che avevano la percezione di perseguire degli scopi, di avere degli obiettivi importanti nella vita, dei progetti sfidanti, in ambito familiare o lavorativo. Non a caso, chi è nell’età della pensione è molto più a rischio di incorrere in depressione, rispetto al periodo di attività lavorativa. In sostanza: se qualcosa ci stressa molto e ci fa molto agitare, significa anche che è molto importante per noi.
Quando questi stati, che dovrebbero essere momentanei e transitori, diventano cronici, è opportuno rivolgersi a chi può offrire un supporto qualificato.
L’attacco di panico si può definire come un’ondata di intensa paura, ansia o malessere che si manifesta all’improvviso ed è accompagnato da sintomi fisici (dovuti all’attivazione del sistema nervoso simpatico – fame d’aria o dispnea, nodo in gola o sensazione di corpo estraneo, asfissia, dolore al petto, palpitazioni, tremori, vertigini, torpore, formicolii, sensazione di estraneità) e/o emotivi.
L’insorgenza – spesso improvvisa – può avvenire sia a partire da uno stato di calma, sia da uno stato ansioso. Il suo picco massimo viene raggiunto in pochi minuti (circa dieci).
Il disturbo di panico presuppone frequenti attacchi di panico che causano un’intensa ed eccessiva preoccupazione per attacchi futuri e/o modifiche del comportamento finalizzate ad evitare le situazioni potenzialmente rischiose che potrebbero innescare una crisi.
Si ha paura o terrore, ma non si sa bene di cosa. Chi ha provato gli attacchi di panico li descrive spesso come un’esperienza terribile ed estenuante, dove si sperimenta la sensazione di impazzire o perdere il controllo, associata ad un senso di catastrofe o morte imminente. Si tratta quindi di sensazioni molto intense e spesso invalidanti.
Il disagio generato è spesso accompagnato da sintomi depressivi, così come da vissuti di vergogna e dal timore del giudizio: si teme che il malessere sia percepito dalle altre persone favorendo un’immagine di sé “debole”.
Poiché i sintomi interessano molti organi vitali e dato che, durante un attacco di panico, la persona ha difficoltà a pensare lucidamente, si preoccupa spesso di essere affetta da gravi patologie cardiache, polmonari o cerebrali. Per tale motivo, le persone si rivolgono, comprensibilmente e ripetutamente, al medico di base o al pronto soccorso (“Avrò un infarto”, “Ora svengo”, “Morirò”). Sebbene gli stati di panico siano talvolta molto fastidiosi, spesso insopportabili, non sono tuttavia pericolosi.
Ricordiamo però che, prima di fare una diagnosi di Disturbo di Panico, è opportuno che vengono escluse cause o patologie mediche.
Sfortunatamente, spesso anche una rassicurazione di tipo medico riguardo all’esclusione di problemi o rischi organici, non tranquillizza il soggetto e non riesce a placare le preoccupazioni inerenti le crisi di panico.
Alcuni stati di panico si presentano in risposta ad una specifica situazione o condizione (ad esempio, nelle fobie specifiche, l’oggetto fobico può costituire uno stimolo in grado di provocare un attacco di panico). In altri casi, l’attacco di panico insorge senza una causa scatenante apparente.
Il primo attacco di panico improvviso è generalmente inaspettato, ossia compare come un fulmine “a ciel sereno”: talvolta quando l’individuo si sta rilassando o addirittura durante il sonno (attacchi di panico notturni); il soggetto si spaventa terribilmente e, spesso, ricorre al pronto soccorso. Poi possono divenire più prevedibili e/o frequenti.
A seconda dell’intensità dei sintomi, le crisi di panico possono presentarsi lievi (piccoli attacchi di panico) o forti (intensi, travolgenti e soverchianti).
L’attacco di panico ha un inizio improvviso, raggiunge rapidamente l’apice (di solito entro 10 minuti o meno) e dura circa 20 minuti (ma a volte molto meno o di più). Durante questo intervallo di tempo i livelli di ansia sono molto forti e l’individuo è convinto che sia a rischio la propria incolumità. Per questa ragione, le persone che ne soffrono, devono ricordare che la crisi, per quanto terribile, rientrerà (in tempi spesso brevi).
La frequenza con cui si presentano i sintomi del panico determina, in genere, la gravità del disturbo e può variare notevolmente. Alcuni soggetti presentano, infatti, crisi di panico continui ogni settimana, o addirittura ogni giorno per mesi, mentre altri manifestano numerosi episodi quotidiani, seguiti da settimane o mesi di remissione o con attacchi meno frequenti (ad esempio, due ogni mese) per anni.
Cause degli attacchi di panico:
Talvolta si usano indistintamente i termini Attacco di Panico e attacco d’ansia, anche se si tratta di due situazioni diverse pur facendo parte della stessa “famiglia” di sintomi psicologici. Per diagnosticare un Attacco di Panico devono presentarsi almeno quattro dei sintomi indicati nel DSM-5, seguiti da una o entrambe le condizioni elencate precedentemente.
Al contrario, gli attacchi di ansia non sono specificatamente definiti come diagnosi nel DSM-5, dunque il termine va interpretato all’interno della soggettività dell’individuo. In linea di massima, l’apice dei sintomi che derivano dall’essere in uno stato di ansia (ad esempio, aumento della frequenza cardiaca, fiato corto, senso di irrequietezza, difficoltà di concentrazione, ecc.) può sembrare un “attacco”, ma i sintomi sono meno intensi rispetto a quelli esperiti durante il picco di un Attacco di Panico: esso è riconoscibile e non lascia dubbi proprio per la sua intensità.
Vi sono fattori genetici e ambientali che possono contribuire alla costituzione di una sorta di vulnerabilità all’ansia.
In tutti questi casi, una buona psicoterapia potrà ricostruire l’importanza e il ruolo di tutti questi fattori.
Se non abbiamo acquisito infatti le capacità di far fronte alle difficoltà o se ci siamo convinti di non esserne in grado, lo stress che possiamo incontrare in determinate fasi di vita può sembrare intollerabile. Ecco allora che alcuni fattori stressanti possono fungere da catalizzatore, costituendo dei fattori di rischio o precipitanti per lo sviluppo di un attacco di panico.
Tra i fattori stressanti troviamo:
Questi fattori possono diventare quindi eventi scatenanti, o fattori precipitanti per l’insorgere di un disturbo da attacchi di panico.
Esiste, naturalmente, anche l’attacco di panico da stress, ovvero quando la causa della crisi di panico è lo stress stesso: per esempio sul lavoro, quando le incombenze e la pressione sembrano insormontabili e soverchianti.
A complicare ulteriormente il circolo vizioso, dopo il primo attacco, vi sono dei fattori che mantengono e alimentano il problema: si tratta di strategie che, sebbene producano un sollievo nell’immediato, sortiscono nel tempo l’effetto opposto, ossia frenano l’evoluzione e ostacolano la guarigione, come se si provasse a spegnere un fuoco con la benzina.
I principali fattori di mantenimento sono:
Queste strategie, che risolvono il problema nell’immediato, contribuiscono però a ridurre progressivamente il campo di azione, e la zona di comfort può diventare sempre più stretta e limitare le possibilità d’azione.
In particolare, prestare attenzione a tutti i possibili segnali corporei che potrebbero scatenare l’attacco di panico porterà ad un abbassamento della soglia sensoriale e il soggetto le percepirà più facilmente e più intensamente. La persona le interpreta quindi un’amplificazione della sensazione, invece che come un effetto del fatto che ci si stia ponendo attenzione.
POST-attacco di panico: cosa succede dopo?
L’attacco di panico va spontaneamente in remissione: i sintomi infatti dopo circa una ventina di minuti si dissolvono lasciando il soggetto in uno stato di profondo smarrimento e agitazione, stanchezza e spossatezza.
I soggetti con Disturbo di Panico mostrano successivamente caratteristici pensieri o preoccupazioni sulle conseguenze degli stati di panico generando un circolo vizioso di ansia e panico.
A seguito del primo attacco di panico improvviso, vissuto come un’esperienza terribile e inaspettata, si apprende ad avere “paura della paura” sviluppando una ansia anticipatoria di fronte alla possibilità di affrontare situazioni temute o rispetto all’eventualità di avere un altro attacco, alimentando il sintomo.
Il paziente si trova presto coinvolto in un circolo vizioso, che porta la persona che lo sperimenta ad interpretare le sensazioni corporee o mentali, legate all’attivazione fisiologica e adrenergica (e di per sé innocue), come molto pericolose, dandone un’interpretazione catastrofica (ad esempio, segno di morte o di pazzia, di perdita di controllo, di un attacco cardiaco, etc.).
La percezione spaventante può riguardare sensazioni fisiche e mentali inoffensive: esse sono spesso derivate non solo dall’ansia ma anche da altre emozioni o da stimoli di altra natura (caffeina, stanchezza, etc.). Tutto ciò può portare la persona ad allarmarsi ulteriormente, contribuendo ad incrementare l’intensità dell’ansia e delle sensazioni temute fino a culminare in un vero e proprio attacco di panico.
L’ansia anticipatoria è alla base dell’evitamento. Le persone con attacchi di panico evitano tutte le situazioni che ritengono possano causare loro una crisi, ad esempio:
Cercano quindi di mantenersi all’interno della propria zona di comfort, incorrendo nel rischio di ridurre progressivamente la propria autonomia personale. L’evitamento può essere associato anche alla procrastinazione, ovvero la tendenza a rimandare le attività che generano ansia.
Le condotte di evitamento possono causare una vera e propria Agorafobia, una delle conseguenze rischiose dell’Agorafobia è quella di limitare l’autonomia e rinunciare ad attività piacevoli e gratificanti a causa della paura.
TRATTAMENTO degli attacchi di panico:
Il trattamento dei disturbi di panico può avvalersi di un approccio terapeutico integrato che prevede interventi psicoterapici e farmacologici. Il tipo di trattamento può dipendere dalla gravità e dalla frequenza delle crisi di panico, oltre che dalla risposta del paziente alla terapia stessa. Il paziente risponde meglio alla terapia se comprende che il disturbo coinvolge meccanismi sia psicologici, sia fisici.
Il trattamento farmacologico può aiutare a prevenire o depotenziare i sintomi degli stati di panico. Tuttavia, senza la psicoterapia, i farmaci non possono agire sulle cause degli stati di panico. (Questo è un aspetto fondamentale da conoscere per aiutare le persone a preoccuparsi meno per le crisi future o a smettere di evitare le situazioni temute che causano gli attacchi di panico.)
La cura farmacologica dei sintomi degli attacchi di panico si basa fondamentalmente su due classi di farmaci: ansiolitici e antidepressivi, spesso impiegati in associazione.
N.B.: per la cura farmacologica dei sintomi degli attacchi di panico è necessario rivolgersi ad un medico che li prescriva, meglio se psichiatra o neurologo. L’autosomministrazione (fai da te) è assolutamente da evitare.
La psicoterapia è un elemento imprescindibile per la cura degli stati di panico. Sono efficaci diversi tipi di psicoterapia. In alcuni casi, il sintomo può avere una risoluzione in tempi brevi. In altri casi, sarà necessario un percorso ben più lungo, poiché l’attacco di panico può avere radici psicologiche molto profonde nella storia dell’individuo. Il fattore sempre importante è che con il terapeuta si costruisca un rapporto di fiducia e di alleanza per lavorare bene insieme verso il raggiungimento degli obiettivi.
L’obiettivo è quello di riorganizzare la propria vita interiore in modo più soddisfacente e armonico, più autentico, favorendo l’elaborazione delle cause più profonde dei conflitti. Questo permette al paziente di sviluppare una maggiore consapevolezza di sé e degli altri nelle relazioni significative della propria vita.
Non si tratta quindi di “eliminare il sintomo” come talvolta le persone sperano. A differenza dell’approccio puramente medico, è fondamentale invece ascoltare i sintomi degli attacchi di panico per capire cosa stanno cercando di comunicare:
Si tratta naturalmente di domande scomode e talvolta difficili da porsi. Il sintomo però vuole essere ascoltato, e ce lo comunica talvolta con violenza, come avviene negli attacchi di panico. Cercare di eliminarlo senza attribuirgli un senso e una ragion d’essere non è l’approccio più efficace, e comporterebbe una riacutizzazione a distanza di qualche tempo.
Lo psicoterapeuta potrà accompagnare il paziente verso un percorso, spesso affascinante e straordinariamente avvincente, di conoscenza di sé. L’obiettivo sarà quello di raggiungere un nuovo equilibrio, una maggiore conoscenza e consapevolezza del proprio funzionamento, e di conseguenza una vita libera da sintomi.
Può capitare a tutti di aver sperimentato un attacco di panico o di soffrire d’ansia. Se credi di soffrirne contattami, offro percorsi terapeutici contro i disturbi d’ansia.
Secondo il DSM-5 sono due i più frequenti disturbi depressivi
La sintomatologia che accompagna questi disturbi depressivi può essere:
Anche se non è stata posta diagnosi e il disturbo non è conclamato, è ugualmente possibile soffrire di alcuni di questi sintomi. In questi casi puoi contattarmi e vedremo assieme come impostare la terapia.
Il Disturbo da stress post traumatico è caratterizzato dallo sviluppo di sintomi tipici che seguono l’esposizione a uno o più eventi traumatici. La sintomatologia prevede la presenza di
Se hai vissuto un evento traumatico, un lutto, una separazione, un incidente, un infortunio e hai difficoltà a tornare alla vita di prima, o se presenti i sintomi sopra elencati, non esitare a contattarmi. Offro percorsi di psicoterapia per fronteggiare, gestire ed uscire da questo stato.